L'innovazione biomedica passa da Napoli: cos'è la tecnica "organ-on-chip"?
Siamo stati nel laboratorio dell'istituto italiano di Tecnologia, dove - creando gemelli digitali dei nostri organi - si sperimentano nuovi protocolli per la cura di patologie complesse, in primis malattie oncologiche, ma anche per perfezionare modelli di cosmetica per il settore beaut
Sperimentare nuovi protocolli e confezionare un approccio innovativo e personalizzato per la cura di patologie complesse, in primis malattie oncologiche, ma anche per perfezionare modelli di cosmetica per il settore beauty. Questa è la sfida del Center for Advanced Biomaterials for Health Care (CABHC) dell'Istituto italiano di Tecnologia (IIT) di Napoli, una realtà d'eccellenza nel campo della bioingegneria e delle biotecnologie, che ieri- in occasione della seconda giornata della Conferenza degli Addetti scientifici e spaziali e degli Esperti agricoli- ha presentato una delle innovazioni più significative prodotte dal centro. Stiamo parlando della tecnologia organ-on chip.
L’iniziativa è parte del programma promosso dal Comitato Nazionale Neapolis 2500, presieduto dal Prefetto Michele di Bari, che ha voluto includere il CABHC tra le tappe emblematiche del percorso di celebrazione dei 2500 anni della città, sottolineando il ruolo strategico di Napoli come motore di innovazione per il Mezzogiorno e per l’intero Paese.
Che cos'è una tecnologia Organ-on-chip?
Gli Organ-on-chip sono dispositivi microfluidici che simulano il funzionamento di organi umani. I modelli vengono realizzati in laboratorio a partire da cellule umane e assemblati grazie alle tecnologie di stampa 3D e microfluidica, L'innovazione permette di riprodurre tessuti come pelle, polmoni, intestino, cervello e fegato, superando i limiti dei modelli animali (come la variabilità biologica) e offrendo quindi una piattaforma rivoluzionaria per lo studio delle patologie, la sperimentazione di farmaci e lo sviluppo di terapie personalizzate. Il CABHC sta anche lavorando all’integrazione di questi modelli fisici con sistemi computazionali e algoritmi di intelligenza artificiale, per costruire digital twin dei pazienti: repliche virtuali capaci di simulare l’evoluzione delle malattie e la risposta individuale ai trattamenti. Tale integrazione rappresenta una svolta epocale nella medicina personalizzata.

In parole semplici, i ricercatori dell'istituto napoletano riproducono fedelmente l'organo riportando nel chip tutte le componenti extracellulari native dell'organo stesso. A quel punto, si passa ai test. In questo modo, comprendono come l'organo risponde a determinati protocolli medici e quale sia il migliore per combattere una precisa patologia.
«Nel futuro prossimo il nostro istituto cercherà di costruire una vera "libreria" di Organi-on-chip», spiega Netti.
La tecnologia è già in fase di sperimentazione presso l'ospedale di Napoli, Pascale e i risultati sono incoraggianti: le risposte date dagli organi on chip forniscono basi precise per la somministrazione di terapie ultra-personalizzate.

Il Center for Advanced Biomaterials for Health Care dell’IIT
Situato all’interno della Mostra d’Oltremare, il Centro si estende su oltre 1200 m² di laboratori dotati di strumentazione all’avanguardia per la sintesi, fabbricazione e caratterizzazione di biomateriali e dispositivi biomedicali, e si articola in due unità di ricerca altamente specializzate:
l’Unità Bio-logic Materials, coordinata da Paolo Netti, si concentra sulla progettazione di materiali bioattivi capaci di interagire con biomolecole, cellule e tessuti. Le sue attività spaziano dalla medicina rigenerativa alla diagnostica, con un forte focus sulla modulazione delle interfacce biologico-sintetiche. Tra i progetti di punta del centro figura anche CERES (CErebral three-dimensional bioprinted biological REplica for drug Screening and development), che mira alla creazione di modelli cerebrali avanzati in vitro, capaci di replicare il microambiente degli organi umani. Finanziato dall’Unione Europea e dal Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito dell’iniziativa D34Health, il progetto CERES combina la biostampa 3D con la coltura di tessuti cellulari per accelerare lo sviluppo di nuove terapie neurologiche.
L’unità Synthetic and Systems Biology for Biomedicine, guidata da Velia Siciliano, sviluppa invece circuiti genetici basati su DNA e RNA per applicazioni terapeutiche, con particolare attenzione ai microRNA e alla regolazione dei processi cellulari. Il laboratorio esplora anche tecnologie optogenetiche e modelli computazionali per comprendere e intervenire sui meccanismi biologici alla base di patologie complesse.
«Il Center for Advanced Biomaterials for Health Care è un esempio virtuoso di come la ricerca possa generare innovazione concreta, mettendo a sistema le diverse competenze e creando connessioni di valore con il mondo industriale. È questo il modello da seguire: non solo formare talenti, ma costruire le condizioni perché possano restare, crescere e contribuire allo sviluppo del territorio. Serve una visione sistemica che favorisca il trasferimento tecnologico, la valorizzazione dei brevetti e l’attrazione di investimenti, per trasformare le idee in soluzioni e la conoscenza in motore di crescita», ha aggiunto il medico-endocrinologo Salvatore Longobardi, membro del Comitato Nazionale Neapolis 2500 e promotore della visita.