23 anni di attivismo verde: la lunga marcia dell’ecologia secondo Letizia Palmisano
Dai primi blog alla comunicazione integrata, dalle piazze ai social: la sua voce racconta l’evoluzione dell’ambientalismo in Italia e immagina un futuro in cui l’attivismo sarà sempre più condiviso, collaborativo e quotidiano. Parola di Letizia
Se oggi l’ambientalismo è un tema centrale nel dibattito pubblico, lo si deve anche a chi, come Letizia Palmisano - giornalista ambientale, scrittrice, divulgatrice televisiva e consulente in comunicazione ambientale - ha creduto nella causa quando ancora non era affatto scontato farlo. All’inizio degli anni Duemila, parlare di “cambiamenti climatici” significava dover spiegare ogni singolo termine.
In oltre vent’anni di impegno, Letizia ha attraversato le tappe di un’Italia via via più consapevole, mantenendo sempre uno stile sobrio e coerente, lontano dai toni urlati. Oggi è una delle voci più autorevoli del panorama green, capace di unire competenza, divulgazione e visione in una narrazione che mette al centro le possibilità, più che le paure.

Dalle cause territoriali alla nascita di una rete ecologista
«Quando ho cominciato, tra il 2000 e il 2002, si parlava ancora di "militanti". Ma quel termine mi suonava troppo bellico: io preferivo definirmi attivista, ecologista, ambientalista», racconta Letizia. «Mi piaceva pensare a un impegno radicato sul territorio, fatto di battaglie concrete e quotidiane».
All’epoca, la lotta per l’ambiente si concentrava spesso su singole cause locali: salvare un’area verde, fermare la costruzione di un ecomostro, portare alla luce le storie di comunità invisibili. «Eravamo megafoni per comitati, cittadini, quartieri. Le relazioni con le istituzioni erano complicate e i primi blog diventavano strumenti preziosi per condividere informazioni, capire come ottenere un documento, scambiarsi esperienze».
Tra i riferimenti che hanno segnato il suo percorso, Palmisano cita due figure che l’hanno ispirata: «A livello nazionale, Loredana De Petris, esperta di politiche ambientali, è stata un faro. A livello locale, Stefano Veglianti mi ha insegnato cosa significhi gestire il territorio con intelligenza e sostenibilità».

L’attivismo che cambia: più consapevolezza, meno solitudine
Oggi, dopo oltre vent’anni, lo scenario è cambiato radicalmente. «Non c’è stato un cambiamento repentino, ma un processo graduale. Oggi nessuno nega che il cambiamento climatico stia modificando la nostra quotidianità. Al massimo si discute sulle cause, ma non sulla realtà dei fatti», spiega Letizia.
«Un tempo, quando andavo a parlare con le amministrazioni, dovevo spiegare ogni parola. Oggi si discute del come e del quando intervenire. L’alfabeto dell’ecologia è ormai patrimonio comune».
Ma se la consapevolezza è cresciuta, la pratica rimane appannaggio di pochi. «La teoria è ovunque, ma le azioni concrete sono ancora limitate. Troppi pensano che basti un post sui social per essere attivisti. In realtà l’attivismo è fatto di scelte: non comprare un oggetto superfluo, spiegare perché si è fatta quella scelta, agire con coerenza e raccontarlo.»
«Vent’anni fa — continua — già mettevo in guardia dal rischio di sostituire l’attivismo con la comunicazione. Il web è uno strumento straordinario, ma non può sostituire la presenza fisica, la piazza, le rinunce consapevoli».
Generazioni ecologiste: costruire ponti, non fratture
Negli ultimi anni, l’ambientalismo si è arricchito della voce delle nuove generazioni. Un segnale incoraggiante, secondo Palmisano, ma che ha richiesto anche una riflessione sul dialogo tra età diverse.
«All’inizio qualcuno mi guardava con sospetto: per alcuni ero troppo giovane quando ho cominciato, per altri troppo grande ora per stare in piazza con i ragazzi. Questo mi faceva sorridere. In realtà non esiste un’età giusta per l’attivismo: bisogna camminare insieme».
Letizia crede in un attivismo intergenerazionale, dove l’esperienza e l’energia possano coesistere. «Servono sia le competenze maturate nel tempo, sia la freschezza e la spinta propulsiva dei più giovani. L’ambientalismo che sogno è collaborativo, non competitivo. A volte serve fare un passo indietro per rafforzare il cammino collettivo».
Sostenibilità da raccontare: una scelta di vita
Palmisano è laureata in Giurisprudenza e ha lavorato per anni in ambiti lontani dall’ambiente. «Mi occupavo di queste tematiche solo nel tempo libero. A 29 anni ho capito che non mi bastava più. Ho deciso di rimettermi in gioco».
Da quel momento, il giornalismo ambientale è diventato la sua vocazione. Ha scelto di raccontare la sostenibilità con rigore, entrando nelle aziende, dialogando con le pubbliche amministrazioni, affiancando i ricercatori. «Ho scoperto che tante realtà imprenditoriali stavano già sperimentando soluzioni innovative. E spesso erano più avanti delle istituzioni».
«Il mio obiettivo — dice — è sempre stato quello di raccontare soluzioni, non solo problemi. Denuncio ciò che non va, ma lo faccio per indicare una via percorribile. Il mio giornalismo è costruttivo».
Scrivere per cambiare: dalle inchieste alle fiabe
Oltre agli articoli e ai saggi, Letizia ha scritto anche per i più piccoli. Il Rigiocattolo è una fiaba sull’economia circolare nata dalla richiesta dei bambini di avere strumenti per comprendere il tema della sostenibilità.
«Mi sentivo in difetto quando, nelle scuole, mi chiedevano come capire questi concetti e io non avevo nulla da proporre. Così ho iniziato a scrivere per loro, cercando un linguaggio adatto, ispirandomi alle storie che raccontavo a mio figlio».
Negli anni ha ricevuto numerosi riconoscimenti. Tra i più significativi, i premi per i suoi lavori sui rifiuti digitali — tema ancora oggi poco esplorato — in occasione della Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti, e il prestigioso Premio Giuseppe Zilli, assegnato per l’etica professionale e l’impegno civile nel campo dell’informazione.
Nel suo cammino, ha incontrato centinaia di esperienze virtuose: artigiani che rigenerano la lana, biblioteche di oggetti come Leila, dove si prende in prestito un trapano perché non serve possederlo, basta usarlo. «Cerco di essere un moltiplicatore di queste energie positive. Il problema è che spesso queste realtà non si parlano tra loro. Io provo a connetterle». Poi conclude con un’immagine che l’accompagna da sempre: «Quando presi la patente, mi dissero: se hai un ostacolo davanti, non fissarlo. Guarda la via di fuga. Ecco, io faccio così anche nella vita. Guardo la via d’uscita. Sempre», conclude.