Urano e Nettuno sono molto più rocciosi di quanto si pensasse
Secondo uno studio la loro composizione interna potrebbe non essere dominata dall'acqua, come suggerito per decenni, ma ammettere scenari alternativi in cui il contributo roccioso è significativo o addirittura prevalente
Urano e Nettuno potrebbero essere molto più rocciosi di quanto si pensasse: è la conclusione di un nuovo studio dell'Università di Zurigo che rivede radicalmente l'interpretazione tradizionale dei due pianeti esterni, finora classificati come 'giganti di ghiaccio. Il lavoro, pubblicato su Astronomy & Astrophysics, mostra che la loro composizione interna potrebbe non essere dominata dall'acqua, come suggerito per decenni, ma ammettere scenari alternativi in cui il contributo roccioso è significativo o addirittura prevalente.

Il team, guidato dal dottorando Luca Morf, ha sviluppato un processo di simulazione in grado di conciliare approcci fisici ed empirici: partendo da profili di densita' casuali per l'interno planetario, il modello calcola un campo gravitazionale compatibile con le osservazioni e ricostruisce composizioni possibili. Ripetendo iterativamente l'operazione, i ricercatori ottengono soluzioni che soddisfano sia i vincoli fisici sia quelli osservativi, senza imporre a priori che i pianeti debbano essere ricchi d'acqua.
Secondo la coautrice Ravit Helled, che aveva già ipotizzato questa possibilita' quindici anni fa, i risultati aprono "un'intera nuova gamma di composizioni interne plausibili", mostrando che Urano e Nettuno possono essere compatibili tanto con modelli ricchi d'acqua quanto con modelli rocciosi. La revisione ha implicazioni anche per i loro campi magnetici, notoriamente complessi e non dipolari. Le simulazioni, infatti, prevedono la presenza di strati di 'acqua ionica' capaci di generare dinamo magnetiche in regioni diverse rispetto a quanto osservato sulla Terra, spiegando la struttura multipolare misurata. Il modello indica inoltre che il campo magnetico di Urano potrebbe avere origine più in profondità rispetto a quello di Nettuno.
Restano tuttavia incertezze legate alla scarsa conoscenza del comportamento dei materiali in condizioni estreme di pressione e temperatura, tipiche degli strati interni dei pianeti giganti.
Secondo gli autori, solo nuove missioni spaziali dedicate potranno fornire dati precisi per distinguere tra scenari dominati da ghiacci e scenari dominati da rocce. L'esito, concludono, potrebbe cambiare in modo significativo la comprensione della formazione e dell'evoluzione dei pianeti esterni del Sistema solare.


