Social media peggio di tv e videogiochi, ecco come impattano sulla mente dei bambini
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Social media peggio di tv e videogiochi, ecco come impattano sulla mente dei bambini

La costante esposizione a notifiche, messaggi e stimoli intermittenti altera la capacità di mantenere la concentrazione. Suggerendo un possibile contributo all'incremento delle diagnosi di ADHD rilevato negli ultimi anni. Come fare per arginarlo?

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by Pasquale Raicaldo

Occhio ai social media, e alle loro controindicazioni. Like, commenti, notifiche attivano, com'è ampiamente noto, il sistema di ricompensa del cervello: ogni interazione piacevole rilascia dopamina, che ci spinge a tornare per averne ancora. Ma cosa accade quando gli utenti sono minorenni? Di più: quando sono bambini? Mentre si diffonde l'eco dell'accordo che il governo della Danimarca ha raggiunto sul divieto di accesso ai social media per i minori di 15 anni, una nuova ricerca, pubblicata su Pediatrics Open Science dal Karolinska Institutet, stabilisce che l'uso quotidiano e prolungato dei social è associato, nei primi anni di età, a un graduale aumento dei sintomi di disattenzione, mentre non emergono effetti simili per televisione o videogiochi. La ricerca indica, in particolare, che la costante esposizione a notifiche, messaggi e stimoli intermittenti - come sono, per definizione, quelli dei social - può infatti alterare la capacità di mantenere la concentrazione, come del resto avviene per noi adulti, suggerendo un possibile contributo all'incremento delle diagnosi di ADHD rilevato negli ultimi anni.
In particolare, lo studio ha seguito 8.324 bambini americani per quattro anni, registrando l'evoluzione delle loro abitudini digitali e il giudizio dei genitori su attenzione e impulsività.
I ricercatori hanno osservato che l'aumento del tempo trascorso su piattaforme come Instagram, Snapchat, TikTok, Facebook, Twitter e Messenger era sistematicamente associato allo sviluppo di sintomi di disattenzione, indipendentemente dal profilo socioeconomico, dal contesto familiare e dalla predisposizione genetica all'ADHD. Non è invece emersa alcuna relazione con comportamenti iperattivi o impulsivi.

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Photo by Gaelle Marcel


 Secondo gli autori, la natura stessa dei social media rappresenta un fattore critico: "I social media comportano distrazioni costanti e la sola attesa di un messaggio può agire come elemento di disturbo mentale, riducendo la capacità di mantenere il focus" spiega Torkel Klingberg, neuroscienziato del Karolinska Institutet. Il meccanismo, sottolinea, non implica un peggioramento immediato ma un progressivo indebolimento dei processi attentivi, che potrebbe avere un impatto rilevante a livello di popolazione. Il tempo di esposizione ai social cresce rapidamente con l'età: dai 30 minuti al giorno a 9 anni fino a una media di 2,5 ore intorno ai 13 anni, nonostante i limiti anagrafici previsti da molte piattaforme.
La ricerca mostra inoltre che i bambini già distratti non tendono a utilizzare di più i social, escludendo che il rapporto individuato sia dovuto a una maggiore attrazione dei soggetti iperattivi verso gli schermi.

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Photo by Cemrecan Yurtman


La direzione dell'associazione, osservano gli scienziati, procede dall'esposizione digitale alla comparsa dei sintomi. Gli autori sottolineano anche la necessità di rivedere criteri e strumenti di educazione digitale, valutando con maggiore attenzione l'età di accesso e le modalità di progettazione delle piattaforme, tema attualissimo anche in Italia.
L'obiettivo è definire linee guida che proteggano lo sviluppo cognitivo in una fase critica della crescita, in cui le reti neurali deputate all'attenzione sono ancora in formazione e particolarmente sensibili a stimoli ripetitivi e frammentati.
Il gruppo di ricerca prevede ora di seguire i partecipanti oltre i 14 anni per verificare la persistenza dell'effetto e l'eventuale comparsa di ulteriori correlazioni con rendimento scolastico, comportamento sociale ed esposizione cumulativa agli schermi. E c'è chi già ipotizza, con cognizione di causa, effetti ampiamente negativi.

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