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Tra il popolo di piazza San Pietro: "Qui per vivere l'emozione della storia"

Tra il popolo di piazza San Pietro: "Qui per vivere l'emozione della storia"

Siamo stati tra la gente dopo la fumata bianca: emozione, lacrime e smartphone sollevati, così i fedeli hanno atteso il nome del nuovo papa

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di Ilaria Starnino

Forse, ancora una volta, è tempo di fede. Alle 18.08 il sole è alto sul cielo della Città Eterna, sembra benedire i passi veloci di chi si affretta a raggiungere Piazza San Pietro, sul volto un sorriso inspiegabilmente naturale, un’euforia incontrollabile.
I sacerdoti alzano la talare stringendola nel pugno della mano, le suore mantengono il velo mentre attraversano Ponte Vittorio, i turisti trascinano le valigie senza cura. A terra cadono le confessioni religiose, le storiche riserve sulla Chiesa, le differenze razziali, i ruoli sociali.
Fanno tanto rumore sui sampietrini di Roma. Siamo tutti lì, senza spazio per i fardelli, sospesi in un tempo antico eppure sempre nuovo. Sarà la fede, il rito, l’ancestrale necessità di sentirsi parte di qualcosa, a chiamare a raccolta le 150 mila persone che, tra fedeli, pellegrini, curiosi, si riversano nell’anticamera della Città del Vaticano, sorpresi dalla fumata bianca che annuncia il 267° papa della storia.
Sarà anche l’effetto mediatico che ha permesso a molti come noi, chi in ufficio, chi a casa, chi di ritorno dalle partite degli Internazionali BNL, di guardare in tv, o sui cellulari, l’inquadratura del comignolo della Cappella Sistina dare al cielo l’annuncio atteso, cogliendo di sorpresa anche l’ormai famosa famiglia di gabbiani che ne ha presidiato il tetto. È bianca.


Perdiamo questo grido di esultanza dei più resilienti, accampati nella piazza già dalle prime ore del mattino, ma arriviamo in tempo per vedere le tende della Loggia della Benedizione scostarsi.
Non ci sono alberi di sicomoro in via della Conciliazione, eppure c’è chi si improvvisa un moderno Zaccheo salendo su giovani ulivi che fanno da cornice all’evento più atteso di questi ultimi giorni.


L’idea di esserci in un momento storico, nel luogo della storia, si sgretola all’annuncio del protodiacono Dominique Mamberti. Habemus papam. 
È un grido unanime, tra gli applausi di chi ha rinunciato a brandire l'immancabile smartphone per immortalare il momento. Qualche minuto di attesa e poi Robert Francis Prevost apre le sue braccia al popolo di Roma e al mondo con il nome di papa Leone XIV.
Il vescovo di Roma, uscito dalla Stanza delle lacrime non nasconde le proprie, in un’emozione tutta umana. La pace sia con tutti voi. È questo l’annuncio di speranza di un tempo nuovo.


Una bambina è sulle spalle del padre, guarda il papa nello schermo ai lati della piazza, si volta al grido di esultanza della folla, la guarda, e si commuove con tutta l’umanità di chi ancora non conosce il mondo, ma ha già visto qualcosa di grande.

Il nuovo pontefice americano sorprende chi già aveva fatto pronostici, raggiunge tutti con le sue parole di pace e benedice ricordando il giorno dedicato alla Madonna. Lo guardiamo tutti assorti, cercando di non perdere una sola delle parole pronunciate nel suo italiano impeccabile.


Quando il nuovo papa saluta la folla è tempo di tornare.
Anche i vari Zaccheo sono scesi dagli alberi, proprio come il pubblicano di Gerico aveva fatto dopo l’invito di Gesù: Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua. Mentre tutti mormoravano: “È andato ad alloggiare da un peccatore!”, così come ci racconta l’Evangelista Luca, Gesù replica: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa, […] il Figlio dell’uomo, infatti, è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”.

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