Microrobot guidati dalla luce: Einstein ispira la nuova frontiera della ricerca
Dalla relatività generale ai piccoli dispositivi che "navigano" da soli: ecco come la scienza sta creando nuovi sistemi per guidare sciami di robot microscopici con la luce
Gli scienziati sognano da tempo di usare sciami di microrobot per compiti cruciali: trasportare farmaci dentro il corpo umano o ripulire sostanze tossiche difficili da raggiungere. Il problema? A queste dimensioni – parliamo di robot grandi quanto un granello di sabbia – non c’è spazio per sistemi di navigazione complessi.
Un team di ricercatori ha però trovato un modo ingegnoso per farli muovere da soli, senza elettronica né comunicazioni: ispirandosi alla teoria della relatività generale di Albert Einstein. La ricerca, presentata su Science.org e pubblicata su NPJ Robotics, mostra come schemi di luce possano guidare microrobot attraverso ostacoli e labirinti bidimensionali.
Lo spaziotempo artificiale che guida i robot
I ricercatori hanno creato uno “spaziotempo artificiale” fatto di luce, capace di guidare i microrobot come se fossero astronavi che si piegano verso un buco nero. Proprio come nella relatività generale, dove i corpi celesti deformano lo spazio e costringono gli oggetti a seguire traiettorie precise, qui sono fasci luminosi a tracciare i percorsi. I robot, immersi in un liquido, reagiscono a queste mappe luminose muovendosi lungo linee che appaiono curve, ma che in realtà sono rette nello “spazio virtuale” creato dai calcoli di relatività numerica.
Un robot grande meno di un millimetro
Il protagonista dell’esperimento è un minuscolo robot a forma di H, lungo meno di un millimetro. Ogni lato ospita microcelle solari collegate a elettrodi: quando la luce le colpisce, si genera un campo elettrico che mette in moto il liquido circostante, spingendo il robot nella direzione opposta. Per guidarlo basta modulare l’intensità luminosa sui due lati. Con un proiettore digitale e delle lenti, i ricercatori hanno proiettato la mappa luminosa su una piastra di Petri: i robot hanno così potuto attraversare con successo un labirinto bidimensionale, semplicemente seguendo i percorsi “scritti” dalla fisica.
La fisica diventa mappa
Le equazioni della relatività hanno permesso di trasformare i confini del labirinto in uno spazio virtuale, dove i robot possono muoversi in linea retta verso l’obiettivo. Una volta riportata la mappa nello spazio reale, la luce guida i robot fino al traguardo, con la zona più scura che funge da “buco nero” di attrazione. “Basta posare il robot, lasciarlo da solo e aspettare”, spiegano gli autori. Ogni microrobot ha seguito il percorso previsto dalla teoria, nei tempi esatti calcolati.
Un nuovo modo di immaginare i robot
Secondo Science.org, questo approccio cambia il modo in cui pensiamo alle mappe robotiche: non più dati da caricare a bordo, ma informazioni già codificate nell’ambiente. In questo modo la memoria del robot resta libera per altre funzioni, e interi sciami potrebbero muoversi senza bisogno di essere controllati uno per uno. Il futuro potrebbe vedere queste mappe generate dall’intelligenza artificiale, ma l’uso diretto della relatività ha un vantaggio unico: offre una comprensione intuitiva del problema e, forse, un nuovo banco di prova per la fisica di Einstein.