Italia, tutti pazzi per le dimore storiche
Sono 46mila dimore storiche, il 60% genera attività economiche con 35 milioni di visitatori nel 2024: così il VI Rapporto dell'Osservatorio sul Patrimonio Culturale Privato fotografa uno dei grandi patrimoni del Bel Paese
Oltre 35 milioni di visitatori nel 2024, di cui più di 2 milioni nelle sole aree interne del Paese; 60% delle dimore attive in produzioni culturali, turistiche o agroalimentari; un comparto che immette nel sistema economico centinaia di milioni di euro l'anno, pur sostenendo quasi integralmente da sé i costi di conservazione e manutenzione.
Questi alcuni dei dati più significativi del VI Rapporto dell'Osservatorio sul Patrimonio Culturale Privato, presentato oggi alla Camera dei Deputati e promosso dall'Associazione Dimore Storiche Italiane (Adsi), insieme alla Fondazione per la Ricerca Economica e Sociale, con il sostegno di Confedilizia, Confagricoltura e Fondazione Pescarabruzzo. Dai dati raccolti dal Rapporto emerge come il patrimonio culturale privato costituisca un pilastro del sistema economico e sociale italiano.
Le 46.000 dimore storiche vincolate presenti in Italia - tra palazzi, ville e castelli - sono distribuite in tutte le regioni e rappresentano una componente essenziale del tessuto territoriale e della identità collettiva nazionale.
Quasi il 30% si trova in comuni con meno di 5.000 abitanti. Il 60% delle dimore storiche svolge attività economiche: del 20% che opera come impresa strutturata, quasi il 46% si concentra nel settore ricettivo o di gestione immobiliare, il 17% circa nel comparto agroalimentare e il 13% nel settore culturale e poco meno del 10 negli eventi.

Il turismo esperienziale e culturale trova nelle dimore storiche un punto di forza. Il 35% delle dimore è oggi destinato alla locazione e, tra queste, circa 3.700 offrono formule di ospitalità turistica breve — un segmento in costante crescita (+46% nell'ultimo anno).
Un ruolo significativo è svolto dalle dimore storiche anche specificamente nell'ambito della formazione scolastica: il 58% delle dimore storiche accoglie, infatti, studenti di ogni ordine e grado. Gli eventi culturali e le aperture al pubblico restano in questo contesto un volano strategico: nel 2024 oltre 20.000 dimore hanno realizzato almeno un evento, accogliendo più di 35 milioni di visitatori - di cui oltre due milioni nelle sole aree interne - e circa 17.000 di queste hanno promosso iniziative gratuite o con finalità sociale. L'80% dei proprietari rileva inoltre un effetto positivo degli eventi ospitati sullo sviluppo locale, grazie alla creazione di reti con aziende agricole, produttori enogastronomici, guide turistiche e operatori outdoor.
Sul fronte della manutenzione e del restauro, le dimore storiche rappresentano un motore di investimento diretto nel patrimonio architettonico italiano. L'Osservatorio ha mostrato come l'85% degli interventi sia autofinanziato dai proprietari, con una spesa media superiore a 50.000 euro annui per singolo bene, mentre solo il 2% ha beneficiato di contributi pubblici.

Infine, il comparto agricolo si conferma una colonna portante per l'economia delle dimore storiche. Il 17% svolge attività agricola (in aumento del 17% rispetto al 2023), con una netta prevalenza della vitivinicoltura (25%), che sale al 36% se si includono anche i soli viticoltori. Seguono la coltivazione di cereali e l'olivicoltura (21% ciascuna). Nel 39% delle dimore agricole, questa attività rappresenta oltre il 75% del reddito annuo, mentre nel 21% dei casi incide tra il 50% e il 75%.
Il legame con il turismo è altrettanto forte: il 100% delle dimore produttrici di vino offre percorsi di degustazione, che nell'86% dei casi hanno generato un aumento delle visite nell'ultimo anno, in un terzo dei casi superiore al 30%.

Maria Pace Odescalchi, presidente dell'Associazione Dimore Storiche Italiane, ha sottolineato che "per valorizzare appieno questo potenziale e rendere possibile, come richiesto dalla Costituzione, la miglior tutela e custodia dei beni culturali privati, è fondamentale consolidare la collaborazione tra pubblico e privato, prevedendo strumenti stabili e continui che incentivino gli investimenti dei proprietari e che consentano loro di pianificare a lungo termine la manutenzione necessaria e obbligatoria. Misure come l'Iva unificata per gli interventi di restauro sui beni culturali e l'estensione dell'Art Bonus ai privati, in particolare nei comuni con meno di 20.000 abitanti, non solo renderebbero più sostenibile la manutenzione e valorizzazione dei beni culturali, ma moltiplicherebbero i benefici per il sistema economico e sociale, soprattutto nelle aree meno centrali e più fragili, dove le dimore storiche rappresentano non solo un presidio culturale ma anche una risorsa indispensabile per la vitalità dei territori"