Il Vesuvio a fuoco, coinvolti oltre 560 ettari: come salvare gli animali sopravvissuti?
Fotografia di Giulia Pugliese

Il Vesuvio a fuoco, coinvolti oltre 560 ettari: come salvare gli animali sopravvissuti?

L'incendio che ha devastato il vulcano lascia dietro di cenere e devastazione, ma anche un'emergenza ecologica che richiede una risposta immediata e strutturata. Ce ne parla lo zoologo Rosario Balestrieri

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di Rosario Balestrieri

Un'estate di fuoco ha nuovamente mandato in fumo il noto profilo del Vesuvio. L'incendio divampato l’otto agosto, le cui fiamme hanno lambito le pendici del vulcano e le aree limitrofe, ha lasciato una cicatrice profonda sul paesaggio. Secondo le prime stime è stato incenerito circa un ottavo del Parco Nazionale, oltre 560 ettari di alberi, cespugli e di animali non in grado di volare o di muoversi velocemente (come gli uccelli ancora nei nidi, i ricci, i rospi e molto altro) sono stati condannati al rogo e morti. Le cause, benché ancora oggetto di indagine, sembrano riconducibili a una matrice dolosa. Un quadro tragico che si ripete da anni ovunque nei parchi italiani evidenziando una cronica insufficienza di prevenzione ed un monitoraggio che non sempre consente interventi tempestivi.  

Ma al di là delle immagini apocalittiche, c'è un'altra tragedia che si consuma in silenzio: quella della fauna selvatica. L'incendio ha distrutto ampie zone di territorio, ucciso numerosi animali e lasciato feriti, disorientati e privati di ogni risorsa molti altri. Rettili, piccoli mammiferi, uccelli e insetti hanno perso la loro casa, il loro cibo e le loro vie di fuga, spesso spinti dalle fiamme in luoghi ostili. Per i superstiti inizia una dura lotta per la sopravvivenza.

È in questo contesto che non bastano i gesti simbolici, ma serve una mobilitazione vera, duratura, che metta al centro la tutela della biodiversità e la responsabilità delle istituzioni. Ecco cosa possiamo fare, insieme, per mitigare gli effetti e aiutare concretamente gli animali sopravvissuti all'incendio del Vesuvio.

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1. Aiuto immediato agli animali feriti

 Se ci si imbatte in un animale ferito, la prima cosa da fare è agire con cautela e rapidità. Per chi si trova in Campania, il punto di riferimento è il CRAS (Centro di Recupero per la Fauna Selvatica) dell’ASL NA1, in via M.R. Torrepadula. Il servizio è gratuito. È fondamentale indicare con precisione il luogo del ritrovamento per facilitare la successiva reintroduzione. Se non si ha la possibilità di trasportarlo, è consigliabile chiedere aiuto o, per l'area di Napoli, usufruire del numero verde 800178400, che include anche il recupero e il trasporto. È utile mettere l'animale in una scatola forata e al buio per tranquillizzarlo.

2. Guida con attenzione, la strada è un pericolo in più 

Dopo gli incendi, molti animali si spostano di notte in cerca di cibo e acqua. Le strade diventano così delle vere e proprie trappole mortali per volpi, faine, donnole e altri animali. È cruciale rallentare e prestare la massima attenzione, soprattutto nelle ore serali e notturne, per evitare investimenti.

3. Trasforma il tuo giardino in un rifugio

 Anche un piccolo gesto può fare la differenza. Chi ha un giardino può trasformarlo in un piccolo rifugio. Creare nascondigli con pietre e tronchi può offrire riparo a piccoli animali. Mettere a disposizione una ciotola bassa d’acqua all’ombra è un aiuto vitale. È importante sostituire l'acqua e pulire la ciotola ogni giorno per evitare la proliferazione di zanzare.

4. Proteggi gli uccelli e le loro rotte di fuga

Gli uccelli nei nidi delle aree incendiate sono, purtroppo, morti. Quelli capaci di volare sono scappati, ma ora si muovono in territori sconosciuti. Per evitare le collisioni con vetri e finestre, un pericolo che aumenta in queste situazioni, si possono mettere delle sagome di rapaci sulle finestre, per segnalare la presenza di un ostacolo.

5. Sospendere la caccia nelle macroaree colpite da incendi

 Un punto cruciale è la sospensione dei calendari venatori nelle province in cui la fauna è già duramente provata dagli incendi. La caccia aumenterebbe in modo insostenibile la pressione su popolazioni già ridotte e fragili, compromettendo la loro capacità di ripresa. Un appello che deve essere raccolto dalle istituzioni regionali.

6. Prevenzione, non solo emergenza

Infine, è necessario superare la politica dell'emergenza. Serve una prevenzione strutturata e a lungo termine. L'installazione di fototrappole può aiutare a individuare i piromani. Sono necessari studi seri sulla ricolonizzazione delle aree bruciate, evitando la piantumazione di specie aliene come eucalipti o robinie, che non appartengono all'ecosistema locale e possono alterare ulteriormente l'equilibrio. Il futuro del nostro patrimonio naturale non può essere affidato solo alla buona sorte o alla reazione tardiva. La natura ferita ha bisogno di tutti noi e di una politica che metta davvero al centro il monitoraggio e la prevenzione.

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