I Neanderthal migravano per i cambiamenti climatici: un frammento osseo riscrive la storia
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I Neanderthal migravano per i cambiamenti climatici: un frammento osseo riscrive la storia

Una nuova ricerca - condotta dall’Università di Vienna - rivoluzione la visione tradizionale dei nostri antenati: non popolazioni isolate ma gruppi capaci di spostarsi su vaste distanze

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by Giancarlo Donadio

Per secoli li abbiamo pensati come uomini delle caverne immobili, confinati nelle loro vallate d’Europa. E invece i Neanderthal erano viaggiatori secondo una nuova scoperta dell’Università di Vienna. L’analisi di un frammento osseo lungo appena cinque centimetri, ritrovato nella penisola di Crimea, ha rivelato che i Neanderthal non erano popolazioni isolate, ma capaci di spostarsi su vaste distanze, attraversando le steppe dell’Eurasia e adattandosi ai cambiamenti climatici. Il dato, confermato dalle analisi genetiche, suggerisce che questi antichi umani erano molto più mobili e connessi di quanto si fosse mai ipotizzato.



L’osso è stato riconosciuto grazie a una combinazione di analisi proteomiche, datazione al radiocarbonio e sequenziamento del DNA antico. I risultati, pubblicati su PNAS, dimostrano come anche i più piccoli frammenti ossei possano contenere informazioni fondamentali sulla storia evolutiva dell’uomo.

La grotta di Starosele: un ponte tra Europa e Asia

Il riparo roccioso di Starosele, in Crimea, è da tempo oggetto di studio, ma finora aveva restituito solo resti umani post-medievali. Grazie a tecniche molecolari di nuova generazione, i ricercatori dell’Università di Vienna hanno riesaminato oltre 150 frammenti ossei non identificati provenienti dal sito. La maggior parte apparteneva a cavalli e cervi, prede comuni dei cacciatori paleolitici, ma uno di essi ha rivelato una natura eccezionale: un frammento umano lungo 5 cm, probabilmente parte di un femore.

Riparo roccioso di Starosele, vista da nord (situato sul lato destro). © Dr. Serhii Telizhenko

Analizzato con microtomografia (micro-CT) e datato con metodi di decontaminazione avanzati, l’osso è risultato avere un’età compresa tra 46.000 e 44.000 anni. «È stato un momento emozionante — racconta la dottoranda Emily M. Pigott, autrice principale dello studio — capire che avevamo trovato un autentico resto umano paleolitico, e non uno moderno. Non lo dimenticherò mai».

Emily M. Pigott durante il pretrattamento al radiocarbonio nel laboratorio Higham dell’Università di Vienna. © Prof. Tom Higham.

Un Neanderthal con parenti lontani 3.000 chilometri

Le analisi genetiche condotte da Konstantina Cheshmedzhieva e Martin Kuhlwilm hanno rivelato che il Neanderthal di Starosele aveva legami genetici stretti con individui della regione dell’Altai, in Siberia, a oltre 3.000 chilometri di distanza, ma anche con Neanderthal vissuti nell’Europa sudorientale, come in Croazia.
Questa scoperta ribalta l’idea di popolazioni chiuse e isolate: i Neanderthal si spostavano lungo grandi distanze, adattandosi ai cambiamenti ambientali e climatici. La Crimea si conferma così un crocevia preistorico, un ponte naturale tra Asia ed Europa, attraverso cui le popolazioni si muovevano seguendo risorse, animali e condizioni di vita favorevoli.

Il ruolo del clima nelle migrazioni preistoriche

A supportare l’ipotesi di spostamenti a lunga distanza interviene anche l’analisi dei modelli climatici condotta da Elke Zeller (Università dell’Arizona) e Axel Timmermann (Università di Pusan). Le simulazioni hanno individuato due periodi di clima favorevole, uno circa 120.000 anni fa e un altro intorno a 60.000 anni fa, durante i quali i Neanderthal potrebbero aver attraversato le steppe euroasiatiche seguendo le mandrie migratorie.

In queste fasi, la presenza di ampie praterie e di risorse abbondanti avrebbe spinto i gruppi neanderthaliani a muoversi, cercando nuovi territori per la caccia e l’approvvigionamento. Il quadro che emerge è quello di una specie flessibile e resiliente, capace di sopravvivere a condizioni ambientali mutevoli.

Un sacchetto di frammenti ossei provenienti da Starosele, prima di essere portati in laboratorio per l’analisi ZooMS. © Emily M. Pigott.

Tecniche all’avanguardia per riscrivere la preistoria

Il valore di questa scoperta risiede non solo nel reperto, ma anche nel metodo multidisciplinare utilizzato. La tecnica Zooarchaeology by Mass Spectrometry (ZooMS) ha permesso di identificare la specie del frammento attraverso l’analisi delle proteine del collagene, anche in ossa troppo piccole per essere classificate visivamente. La microtomografia ha fornito immagini tridimensionali della struttura interna, mentre la datazione al radiocarbonio e l’analisi genetica hanno consentito di collocarlo nel tempo e nello spazio dell’evoluzione umana.

«Combinando queste tecniche, possiamo ottenere informazioni straordinarie anche da frammenti minuscoli», spiega Tom Higham, autore senior dello studio. «Questo approccio ci aiuterà a scoprire altri resti umani nascosti e a comprendere meglio la complessa storia dell’evoluzione in Eurasia».

Nuove prospettive sull’uomo di Neanderthal

Negli ultimi anni, le scoperte scientifiche hanno profondamente cambiato la nostra percezione dei Neanderthal. Da popolazioni considerate primitive e limitate, oggi emergono come esseri intelligenti, socialmente complessi e straordinariamente mobili. La scoperta di Star 1 conferma che i Neanderthal non erano confinati in regioni isolate, ma parte di una rete di popolazioni interconnesse, capaci di affrontare e sfruttare i mutamenti climatici.

«Abbiamo sempre pensato che solo l’Homo sapiens fosse in grado di muoversi su grandi distanze — conclude Higham — ma oggi sappiamo che anche i Neanderthal avevano questa capacità. Erano molto più simili a noi di quanto abbiamo creduto per decenni».

Link allo studio: 10.1073/pnas.2518974122

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