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Giornata della Memoria, in viaggio ad Auschwitz per riflettere (anche) sul presente

Giornata della Memoria, in viaggio ad Auschwitz per riflettere (anche) sul presente

Il 27 gennaio il mondo ricorda le vittime dell'Olocausto. Noi siamo stati in uno dei campi di concentramento più celebri con il fotografo Daniele Stefanizzi. Per comprendere il significato di una delle pagine più tragiche della storia dell'umanità. Ma soprattutto per provare a farne tesoro

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by Redazione

Un silenzio assordante. Nel gelo di Auschwitz sembra quasi di poter ascoltare i pensieri dei visitatori che, uno dopo l'altro, percorrono uno dei luoghi simbolo dell'Olocausto. Freddo e neve, bisogna incappucciarsi. Ma è riannodando il filo della memoria, nel giorno che commemora le vittime della Shoah, che brividi metaforici percorrono la schiena di chi varca quei celebri cancelli. Noi lo abbiamo fatto con il fotografo di reportage Daniele Stefanizzi, affidandogli il complesso compito di raccontare l'intreccio tra il luogo e chi oggi lo indaga, cercando testimonianze, risposte, verità.
Nel campo di concentramento di Auschwitz, situato nelle vicinanze della cittadina polacca di Oswiecim e attivo tra il 1940 e il 1945, trovarono la morte 1,1 milioni di persone su 1,3 milioni di prigionieri totali: per questo, è considerato il principale luogo di avvenimento della Shoah, ma anche dello sterminio degli oppositori politici e di altre categorie considerate ostili o di razza inferiore dai nazisti. Un viaggio necessario per chiunque voglia immergersi, anche fisicamente, nell'orrore di ciò che è stato.

Foto Daniele Stefanizzi

È la terza volta che Daniele Stefanizzi visita Auschwitz con la sua macchina fotografica, la prima in occasione dell'anniversario della liberazione del campo, un momento che richiama alla memoria l'orrore e la necessità di ricordare. "Camminare tra questi luoghi - spiega - non significa solo osservare ciò che rimane del passato, ma confrontarsi con ciò che è stato: il silenzio, le tracce delle vite spezzate, la crudeltà che sembra ancora tangibile.

La fotografia qui non cerca di estetizzare o semplificare: è un tentativo di testimonianza, uno strumento fragile per restituire qualcosa di inafferrabile


"Visitare Auschwitz in questi giorni, però, non è solo un atto di memoria: è un invito a riflettere su quanto poco sembriamo imparare dalla storia. Perché mentre ricordiamo, in Palestina si consumano violenze e ingiustizie che credevamo di aver lasciato al passato, dimostrando come l'oppressione possa ripetersi, cambiando solo i ruoli delle vittime e dei carnefici".

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