Ghostnets, l'operazione che rimuove le "reti fantasma" e salva il mare
Ogni anno 100 mila mammiferi e un milione di uccelli muoiono intrappolati all’interno delle reti da pesca abbandonate o dopo averne ingerito i frammenti. Così, è in corso un progetto che ha già ripristinato 52.000 metri quadrati di fondali marini
Ogni anno circa 100 mila mammiferi e un milione di uccelli marini muoiono intrappolati all’interno delle reti da pesca abbandonate o dopo aver ingerito i frammenti che esse rilasciano in mare. L’86% dei rifiuti marini rinvenuti sui fondali è riconducibile ad attività di pesca, con una netta prevalenza di lenze, cime e reti abbandonate, perse o dismesse (dati Ispra). Queste reti fantasma rappresentano, quindi, una delle forme più insidiose di inquinamento marino.
Per questo ISPRA, soggetto attuatore del progetto PNRR MER, ha affidato agli operatori economici Fondazione Marevivo, Castalia Consorzio Stabile e CoNISMa, Consorzio nazionale interuniversitario per le scienze del mare, l’operazione “GhostNets", che prevede il recupero di reti e attrezzi da pesca abbandonati o persi accidentalmente in mare.
Una collaborazione preziosa che mette insieme competenze scientifiche, tecniche, operative ed esperienza, al servizio di questa importante operazione di salvaguardia degli ecosistemi marini.

Lo scopo finale è quello di consentire la ricolonizzazione delle aree, liberandole dai rifiuti che soffocano i fondali ed eliminare una minaccia costante e prolungata per la flora e la fauna marine. L’attività, partita a inizio anno con le operazioni in Sicilia orientale, ha portato alla rimozione di circa 3 tonnellate di reti fantasma dalle aree di Siracusa, Avola e Milazzo, consentendo la bonifica di oltre 52.000 metri quadrati di fondali marini.
Questo intervento è realizzato nell’ambito del PNRR MER, Marine Ecosystem Restoration, il più grande progetto sul mare all’interno del “Piano nazionale di Ripresa e Resilienza”. Il progetto prevede ben 37 linee di attività, da realizzarsi entro il 30 giugno 2026, su tutto il territorio nazionale articolati su tre pilastri: il ripristino e la protezione dei fondali marini, il rafforzamento dei sistemi osservativi marini e costieri e la mappatura degli habitat costieri e marini d’interesse conservazionistico.
«Tra i rifiuti marini, le reti abbandonate rappresentano una delle minacce più pericolose per l’ecosistema, poiché si depositano sui fondali diventando trappole mortali per molte specie viventi. Il loro deterioramento in minuscoli frammenti genera, inoltre, il rilascio di microplastiche che vengono ingerite dagli animali e finiscono, di conseguenza, nella catena alimentare. È per questo che da trent’anni Marevivo promuove attività di recupero di rifiuti antropici e strumenti da pesca, collaborando fattivamente con le forze dell’ordine e con diversi partner scientifici. Solo negli ultimi anni abbiamo recuperato oltre 14.000 metri di reti abbandonate», dichiara Raffella Giugni, Segretario Generale Marevivo.
«Siamo orgogliosi dei risultati raggiunti nella prima fase delle operazioni lungo il litorale siciliano, dove Castalia ha avuto un ruolo chiave nella pianificazione e nel recupero delle reti fantasma, impiegando tecnologie avanzate e personale specializzato. Abbiamo, inoltre, garantito una gestione sostenibile dei rifiuti: le reti recuperate sono state conferite all’impianto autorizzato Labromare di Livorno per il successivo riutilizzo e la valorizzazione, con una percentuale del 100%», fa sapere Stefano Chianese, Project Manager Castalia del Progetto “GhostNets”.
«Il coinvolgimento di diverse Unità Locali di Ricerca del CoNISMa, secondo le competenze richieste, garantisce inoltre un approccio scientifico olistico alle diverse fasi del progetto – dichiara Annibale Cutrona direttore CONISMA. - dalla survey iniziale, effettuata utilizzando strumentazione ad altissima risoluzione e metodologie avanzate come sonde e ROV per caratterizzare l'area e individuare gli attrezzi abbandonati, alla pianificazione delle operazioni di rimozione, fino al recupero delle reti fantasma, ogni attività è svolta sotto la supervisione degli esperti che assicurano che l'intero intervento avvenga nel rispetto dell'equilibrio ecologico dell'area e delle normative sulla protezione delle specie marine».
Le reti recuperate, già sottoposte ad attenta analisi da parte dei biologi marini per liberare e restituire al mare eventuali organismi impigliati tra le loro maglie, verranno destinate a smaltimento o riciclo in funzione delle loro caratteristiche. Le attività proseguiranno in altre 15 aree italiane, due delle quali – Mar Piccolo di Taranto e Parco Sommerso di Gaiola - saranno oggetto di casi studio per analizzare l’impatto degli strumenti da pesca rimossi e valutare la capacità di recupero degli habitat presenti sui fondali