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I boschi possono aiutarci a prevedere le eruzioni? Il nuovo studio che arriva dalla Nasa
Alessandra Baltodano/Chapman Universitys

I boschi possono aiutarci a prevedere le eruzioni? Il nuovo studio che arriva dalla Nasa

Utilizzare gli alberi e la loro osservazione da satellite come se fossero delle “sentinelle" dei vulcani? Si può. La nostra esperta ci spiega come

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by Silvia Ilacqua

Il monitoraggio dell'attività vulcanica è da sempre un’attività cruciale, specialmente per le aree caratterizzate da elevato rischio vulcanico o per l'Italia, dove molti vulcani presentano delle pendici fortemente urbanizzate. È il caso del Vesuvio, per esempio, o dei Campi Flegrei, dove addirittura l’urbanizzazione ha coinvolto settori interi dell’edificio, o di quello che ne rimane, come la caldera.
Ad oggi, la comunità scientifica fa affidamento su consolidati sistemi di monitoraggio capaci di osservare e analizzare segnali caratteristici dell’attività vulcanica tra cui la sismicità, le deformazioni del suolo e le variazioni nei gas emessi. Nonostante ciò, continua a rimanere sempre aperta la ricerca di nuovi metodi per migliorare i tempi di allerta relativi a cambiamenti dell’attività vulcanica.

Jeff Schmaltz, MODIS Rapid Response Team, NASA Goddard Space Flight Center


Un'idea affascinante e relativamente nuova è utilizzare gli alberi e la loro osservazione da satellite come se fossero delle “sentinelle" dei vulcani. Questo concetto che può sembrare bizzarro in realtà si basa su un principio ben conosciuto nel mondo della vulcanologia. Infatti, quando il magma risale nelle profondità terrestri, rilascia gas, tra cui anidride carbonica (CO2) e anidride solforosa (SO2). La CO2 è meno solubile e tende a separarsi dal magma prima dell'anidride solforosa (SO2), offrendo un segnale precursore più precoce. Il problema è che rilevare queste modeste emissioni di CO2 dallo spazio è difficile a causa dell'elevata concentrazione di questo gas nell'atmosfera. Al contrario misurarle a terra può essere costoso e complesso soprattutto se l’edificio vulcanico è situato in un’area remota di difficile accesso.
È qui che però entra in gioco l’osservazione satellitare. Gli scienziati della NASA e dello Smithsonian stanno studiando come gli alberi vicini ai vulcani possano assorbire questa CO2 extra. Infatti, se per i satelliti può risultare difficile identificare leggeri cambiamenti dell’emissione della CO2 al contrario l’assorbimento aggiuntivo di questo da parte degli alberi può rendere le loro chiome più verdi e rigogliose, un cambiamento che i sensori satellitari, come quelli del Landsat 8, potrebbero essere in grado di rilevare. Lo studio in corso da parte dalla Nasa ha pertanto previsto una campagna di volo con spettrometro montato su un sistema aereo e simultaneamente un’attività di raccolta campioni sul campo con l’obiettivo di riuscire ad ottenere delle chiare correlazioni tra questi due segnali.
In realtà però non è la prima volta che i geologi esplorano una possibile correlazione tra vegetazione e attività vulcanica. Un precedente studio sull'Etna pubblicato nel 2017 ha analizzato gli anelli di accrescimento degli alberi (Pinus nigra) vicino all'area del Monte de Fiore, dove nel settembre 1973 fu osservato un segnale anomalo nella riflettanza nel vicino infrarosso (NIR) prima dell'eruzione del gennaio 1974. L'analisi degli anelli di accrescimento ha mostrato che la crescita degli alberi non era diminuita nel 1973. Questo suggerisce che il segnale NIR osservato in settembre probabilmente non era legato a una riduzione della crescita annuale e potrebbe essersi verificato dopo la stagione vegetativa (che per l'Etna finisce ad agosto).

Alessandra Baltodano/Chapman University


Gli anelli di accrescimento si sono invece ridotti drasticamente o fermati del tutto nel 1974-1975 per gli alberi più vicini al cratere, a causa del calore dell'eruzione stessa. Questo studio ha dimostrato che, sebbene l'analisi degli anelli non abbia confermato il segnale precursore basato sulla crescita ridotta, può comunque aiutare a datare eventi passati e fornire informazioni sui processi preeruttivi.
Tornando invece alla sperimentazione di osservazione da satellite va sottolineato che anche questo approccio ha dei limiti. Non tutti i vulcani hanno vegetazione sufficiente per l'analisi satellitare, e fattori come incendi, malattie delle piante o cambiamenti climatici possono confondere l'interpretazione dei dati.
Sicuramente l'osservazione degli alberi dai satelliti in prossimità di aree vulcaniche non è una "soluzione miracolosa", ma può rappresentare un ulteriore strumento per ottenere informazioni preziose e rendere potenzialmente più tempestivi i sistemi di allerta in territori vulcanici.

Silvia Ilacqua è geologa e dottoranda all'Università di Napoli Federico II (Dipartimento di Scienze della Terra, dell'Ambiente e delle Risorse), esperta in GIS e paesaggi costieri. Divulga e sensibilizza su temi geologici e ambientali.  

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