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Adidas sull’Acropoli, scoppia la polemica: quando la pubblicità "calpesta" la storia
Foto pagina Facebook di Nikos Boyiopoulos

Adidas sull’Acropoli, scoppia la polemica: quando la pubblicità "calpesta" la storia

Un drone show con una scarpa "griffata" proiettata sul Partenone accende lo scontro in Grecia. Ma non è la prima volta che la promozione dei brand tocca luoghi simbolo del patrimonio culturale

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by Giancarlo Donadio

Quando il marketing invade i luoghi della storia, la linea tra creativa innovazione e mancanza di rispetto diventa sottile. È quello che sta accadendo in Grecia, dove una recente iniziativa pubblicitaria firmata Adidas ha fatto infuriare istituzioni, opinione pubblica e opposizioni politiche. Ma il caso greco non è isolato: la tensione tra esigenze commerciali e tutela del patrimonio culturale ha una lunga storia, che - come vedremo.-attraversa nazioni e marchi globali.
Qualche giorno fa un’installazione con droni ha trasformato il cielo sopra l’Acropoli di Atene in un set pubblicitario. Protagonista: una scarpa Adidas proiettata come se stesse “calpestando” il Partenone. L’iniziativa, parte di una campagna promozionale del noto brand sportivo, ha provocato una reazione immediata da parte del Ministero della Cultura greco e della magistratura.

La ministra Lina Mendoni, in un’intervista a SKAI Radio, ha dichiarato: «Una denuncia è già stata presentata contro tutti i responsabili. Non solo l'evento sull'Acropoli è stato realizzato senza le dovute autorizzazioni, ma anche il Zappeion, concesso ad Adidas per l'evento, è stato utilizzato in violazione della normativa archeologica». Il Zappeion, edificio ottocentesco al centro di Atene, aveva infatti concesso 200 metri quadrati di spazio esterno per il drone show, senza consultare il Ministero.

Anche le opposizioni sono intervenute con forza. Il PASOK ha parlato di “triste mercificazione del patrimonio culturale”, mentre SYRIZA ha denunciato l’ipocrisia istituzionale, ricordando che poche settimane prima era stato negato al regista Yorgos Lanthimos il permesso di girare sull’Acropoli per un suo film. La procura ha aperto un’indagine formale, affidata al Dipartimento di Sicurezza dell’Acropoli, per verificare eventuali violazioni delle leggi sui beni culturali.

Ma questa non è l’unica campagna ad aver fatto scandalo per aver toccato un luogo “sacro”. Ecco altre iniziative di brand che hanno fatto discutere. 

Citroën sulla Torre Eiffel (1925–1934)

Tra il 1925 e il 1934, André Citroën trasformò la Torre Eiffel in un’enorme insegna luminosa per la sua casa automobilistica, installando 250.000 lampadine incandescenti con il nome “Citroën”. L’iniziativa fu accolta con entusiasmo all’epoca, anche se oggi sarebbe impensabile alterare visivamente uno dei monumenti più iconici al mondo per scopi pubblicitari.


Nike e il Colosseo digitale (1996)

La commistione tra monumenti iconici e pubblicità non è un fenomeno recente. Già nel 1996, Nike lanciò uno spot diventato celebre: “Good vs Evil”, ambientato in uno stadio che richiamava esplicitamente il Colosseo romano. Protagonisti, campioni del calibro di Eric Cantona e Ronaldo, impegnati in una battaglia epica contro creature demoniache. Sebbene l’arena fosse una ricostruzione digitale, l’uso evocativo del Colosseo suscitò critiche da parte di storici e osservatori culturali, preoccupati per l’accostamento tra uno dei simboli più potenti della romanità e la narrazione iper-commerciale dello sport spettacolo.

Alfa Romeo e la Serenissima (1997)

Venezia, con il suo fascino eterno, è spesso diventata il set privilegiato di campagne pubblicitarie d’eccezione, capaci di fondere l’eleganza del marchio lagunare con i brand protagonisti. Indimenticabile, ad esempio, la pubblicità dell’Alfa Romeo 156 del 1997: l’auto sfrecciava su un’insolita Venezia ghiacciata, trasformata in un surreale tracciato tra palazzi nobiliari e canali cristallizzati. La vettura schivava imbarcazioni incagliate, superava briccole e ponti, attraversava persino il Ponte dei Sospiri, fino a sbucare in laguna di fronte a piazza San Marco, con l’isola di San Giorgio a completare la scenografia da sogno.

FHM e il Parlamento britannico (1999)

Nel 1999, la rivista FHM proiettò sul retro del Palazzo di Westminster a Londra l'immagine nuda della presentatrice Gail Porter per promuovere la classifica delle “100 donne più sexy”. Lo stunt provocò reazioni contrastanti tra stupore, ironia e indignazione per l’uso di un simbolo politico e istituzionale per fini commerciali.

Coca-Cola e Bulgari a Venezia (anni 2000)

Durante alcuni restauri del Ponte dei Sospiri e del Palazzo Ducale a Venezia, brand come Coca-Cola e Bulgari ne approfittarono per installare enormi cartelloni pubblicitari sulle impalcature, trasformando le facciate dei monumenti in spazi promozionali. L’operazione suscitò forti critiche da parte di cittadini, storici dell’arte e associazioni per la tutela del paesaggio. Ma l’allora sindaco Giorgio Orsoni replicò provocatoriamente: «Se la gente vuole vedere il palazzo com’era, può guardarlo su un libro».

Louis Vuitton e la valigia sulla Piazza Rossa (2013)

Nel 2013, Louis Vuitton installò un gigantesco padiglione a forma di valigia nel centro della Piazza Rossa di Mosca, a pochi passi dal Kremlino, in occasione di una mostra celebrativa. L’iniziativa scatenò reazioni furiose da parte delle autorità e dei cittadini: il Cremlino ordinò l’immediata rimozione della struttura, definendola una violazione della dignità del sito, patrimonio UNESCO. Un parlamentare russo dichiarò che la valigia “banalizza e denigra un luogo sacro per lo Stato russo”.

Netflix e le proiezioni su monumenti (2023)

Nel 2023, Netflix ha utilizzato il videomapping per promuovere serie e film, proiettando contenuti su edifici storici come il Gateway of India a Mumbai e l’Obelisco di Buenos Aires. La campagna ha ricevuto visibilità globale ma anche critiche per l’invasività e l’uso commerciale di beni pubblici.

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